(ANSA) – Consip ha avviato due nuove procedure negoziate, che si chiuderanno entro oggi, per reperire sul mercato 390.900 tamponi rinofaringei e 267 kit diagnostici, corrispondenti ad un totale di 67mkila test per il coronavirus.
Lo rende noto la società in una nota. Per ogni procedura – viene spiegato – sarà stipulato un contratto con il fornitore individuato e “gli ordini di fornitura verranno gestiti direttamente da Consip, sulla base dei fabbisogni definiti dalla Protezione Civile”.
Consip – è scritto nella nota – ha avviato la terza e quarta procedura negoziata per le attività di procurement connesse all’emergenza sanitaria Covid-19 – realizzata in coordinamento con il Dipartimento della Protezione Civile – perla fornitura di Tamponi rinofaringei e di Kit diagnostici per coronavirus.
Nel dettaglio si tratta dell’acquisto di: 390.900 tamponi rinofaringei per un valore totale di 880mila euro; 267 Kit diagnostici per Coronavirus, corrispondenti a circa 67mila test diagnostici, per un valore totale di un milione 130mila euro. La data presunta di conclusione della procedura – conclude il comunicato – è oggi, 12 marzo 2020.
– MARIO MAZZOLENI: «NESSUN PROBLEMA PER PRODURRE TAMPONI MA MANCANO LABORATORI PER ANALIZZARLI»
Manila Alfano per “il Giornale”
L’Italia dell’ emergenza riscopre una domanda fondamentale: ora chi decide? Lo Stato o le Regioni? La macchina è pesante ma bisogna farla girare veloce. «Ora più che mai per il nostro Paese è necessario saper valutare le questioni a sistema. Ragionare avendo una visione allargata».
Il professor Mario Mazzoleni, docente di economia aziendale all’ università di Brescia e membro del Comitato scientifico consultivo di Confindustria si è trovato in prima linea con il coronavirus perchè affianca la famiglia Triva della Copan Group di Brescia leader nella produzione dei tamponi come strategia advisor.
– Professore c’ è un allarme sulla produzione dei tamponi?
«Oggi tutti stanno chiedendo tamponi. Dagli ospedali, ai centri d’ acquisto regionali e la protezione civile a livello nazionale».
– E c’ è carenza?
«No. Il problema non è produttivo. Mi spiego meglio: oggi il problema non è avere a disposizione i tamponi, quelli ci sono, noi siamo in grado di dare tamponi nella misura in cui i laboratori sono in grado di lavorarli. Sarebbe possibile alzare le scorte in funzione della gestione».
– E allora il problema dove sta?
«Il collo di bottiglia sono i laboratori, non la produzione. Processare un tampone non è una procedura semplice, non tutti i laboratori in Italia sono autorizzato a farlo. Il problema è trovare quelli da autorizzare».
– Cioè un cortocircuito di burocrazia?
«Non di burocrazia quanto di un modello istituzionale che sta mostrando difficoltà, che dimostra delle lacune. Ora la vera sfida è trovare la visione d’ insieme.
Io stesso che lavoro in una azienda che produce tamponi non so quanti tamponi i laboratori sono ad oggi in grado di analizzare. Capisce che è una mancanza di informazione determinante in una situazione del genere».
– E come si fa?
«Le strade potrebbero essere diverse: aumentare il numero di laboratori, o mettere in grado i laboratori già esistenti di processare i tamponi, oppure aprire laboratori privati».
– Chi può decidere in quale direzione andare?
«Servirebbe un’ autorizzazione da parte dello Stato, materia che però sarebbe di competenza delle Regioni che certo non può essere contestata».
– Torniamo alla questione principale: chi decide?
«Servirebbe un coordinamento centrale che dia un indirizzo chiaro, una struttura competente capace di tradurre le esigenze in situazioni realizzabili».
– Andiamo verso un blocco totale, quale problemi intravede?
«Rispetto alla Cina c’ è una differenza fondamentale: là è stata chiusa una Regione, importante, produttiva, ma non tutto il Paese come da noi».
– Cosa cambia?
«Che la zona rossa in Cina è riuscita a superare bene il blocco perché il sistema ha agevolato e sostenuto questa situazione. In Italia il rischio è che aziende che producono mascherine, materiale medico e sanitario, i tamponi restano aperte ma per funzionare hanno bisogno di una rete. Le materie prime con cui vengono assemblati i prodotti, i mezzi per trasportare il materiale prodotto, fino ad arrivare banalmente alla mensa per i lavoratori. Ecco perchè c’ è bisogno di quello stesso pragmatismo di cui parlavamo prima, di uno sforzo a leggere a sistema, un approccio che non si occupi dei singoli aspetti ma che trovi una soluzione d’ insieme».
Fonte: Dagospia.com